Festival di SanremoMúsica Italiana

FESTIVAL DI SANREMO 2019: Il meglio e il peggio della serata dei duetti

Serata dei duetti a ritmo di rap. Tanto che, per un attimo, non sembra nemmeno di essere a Sanremo. Sarà anche per il fatto che all’improvviso spunta Anastasio, fresco vincitore di X Factor, a cui Bisio ha chiesto di scrivere un brano per accompagnare il suo monologo su padri e figli. Claudio entra in scena e comincia a parlare delle pecche del figlio (ricordandoci che siamo a Sanremo): il disordine in casa, i panni sporchi accumulati, il bagno lasciato sporco, le luci accese. «Forse è colpa di noi genitori che i figli siano così smandrappati. Gli psicologi dicono che avreste avuto bisogno di un padre con la P maiuscola, per combatterlo e diventare grande», dice Bisio. «Ma chi preferisci trovarti davanti? Un padre che parla una lingua chiara che non è la tua o uno che parla per come è?», conclude.

A questo punto arriva il rapper di Meta di Sorrento che veste i panni di quel figlio schiacciato dalle aspettative dei genitori: «Correre, devi correre. Non devi domandare né rispondere, ti devi alimentare con compere. Scattare, commentare, scorrere», attacca Anastasio, che qualche strofa più avanti rivendica: «Voglio i miei vent’anni, voglio delle scuse ed il rimborso danni». Anastasio fa il suo e lo fa bene, ma sia chiaro, in Italia ci sono tanti altri rapper con un grande talento e una penna eccezionale (Rancore, per dirne uno).  Nel pezzo, che s’intitola Correre, Anastasio rappa «tuo figlio idolatra un idiota che parla di droga e di vita di strada». Un modo per dire: sono diverso dalla massa che fa trap e canta di sesso, soldi e pasticche. Lo sapevamo già. Questa contrapposizione tra i bravi ragazzi contro i presunti cattivi (da Sfera ad Achille?) stona: sono solo facce della stessa medaglia.

Sul palco si sentono tutte le sfumature del rap, Vedere Mahmood in coppia con Gué Pequeno sul palco dell’Ariston è il segno che la musica è davvero cambiata. Superbi Ghemon, Diodato e Calibro 35, arrangiamento divino e grande intensità. Bravissimo come sempre Rancore, anche nella versione di Argentovivo con Manuel Agnelli. Gran ritorno per Rocco Hunt che aggiunge altra carica a Per un milione dei Boomdabash. Esplosivo il rock di Achille Lauro e Morgan. C’è pure Biondo con Einar, così il quadretto rap è completo.

Finalmente lo show ha ritmo, forse perché lo spazio per le gag è ridotto pressoché a zero. Sono le canzoni a fare il varietà e d’improvvisano i conti tornano. Dieci e lode per Arisa: duetta con Tony Hadley, mentre sul sfondo si scatenano in una coreografia mozzafiato i Kataklò. Tutto da ballare il remix di Jason Rooney e Andro dei Negramaro. Voti altissimi anche per Daniele Silvestri con Rancore e Manuel Agnelli (che canta sul trampolino sospeso). Brunori Sas dà quel tocco in più anche a L’amore è una dittatura dei The Zen Circus. Bravo, bravo.

L’ospite non delude mai. E Ligabue non è da meno dei suoi «predecessori». Dopo uno stacco pubblicitario appare già avvinghiato al microfono: all’Ariston risuona Luci d’America. Ligabue pretende una presentazione come si deve e così Bisio annuncia (anzi grida da fan scalmanato) «Ligabueeee». Liga scende con una chitarra gigante e i ballerini, ma non è soddisfatto del lancio e costringe Bisio a rifarlo «puntando» sui concetti. E così Bisio riparte col signori e signore. Ligabue arriva su un trono con tanto di armellino e si rivolge al presentatore: «Era meglio quella di prima». Finisce il siparietto e inizia Urlando contro il cielo. La platea intona la canzone e Baglioni non riesce nemmeno più a parlare. Superato il momento ultras i due rendono omaggio a Guccini con Dio è morto. Tutto meraviglioso.

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