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Rádio Italiana apresenta o primeiro artigo de arquitetura, intiulado “Patrimonio Architettonico”

A Rádio Italiana apresenta em italiano, o primeiro artigo dos arquitetos italianos, Arianna Casale, Andrea Rosada e Marina Castrovillari, que abordaram a temática do patrimônio arquitetônico italiano. 

 

La rubrica ha l’intento non solo di soffermarsi su monumenti architettonici presi nella loro singolarità ma tenterà anche di indagare l’evoluzione delle città italiane nel corso del tempo, considerando il rapporto tra i fenomeni sociali, politici e morfologici che inevitabilmente hanno influenzato lo sviluppo dei nuclei urbani italiani.

 

In questa prima parte presenteremo articoli che riguardano la città di Torino, cominciando a illustrare l’evoluzione urbanistica della città a partire dalla sua formazione per poi concentrarci su edifici o gruppi di edifici che ne hanno caratterizzato nel tempo l’immagine e la forma urbana, attraversando diverse epoche storiche. Questo primo articolo è introduttivo e ci aiuterà a meglio comprendere il contesto in cui si inseriscono le opere architettoniche di cui parleremo nei prossimi appuntamenti.

 

Nella speranza che questo lavoro possa essere di vostro gradimento vi invitiamo a continuare la lettura e inviarci suggerimenti e commenti al fine di migliorare il servizio e indirizzare la ricerca verso i temi che vi stanno più a cuore.

                                                  

L’ EVOLUZIONE URBANA DELLA CITTA’ DI TORINO Dall’epoca romana ai giorni nostri

  

Le radici storiche della città di Torino risalgono nel tempo a prima della colonizzazione romana,  quando la zona su cui ora sorge la città era abitata dal popolo dei Taurini e la loro città principale era chiamata Taurasia, probabilmente posta come l'attuale Torino. In seguito alla penetrazione romana in direzione delle alpi Torino si trasformò dapprima in un accampamento militare (castrum) delle truppe di Cesare e divenne poi una colonia romana con il nome di Augusta Taurinorum. Ma è a partire dal 28 d.C. che i caratteri della morfologia urbana si legano in maniera inscindibile alla storia ed alla politica della città, quando Augusto, imperatore romano, fonda una colonia con il nome di Julia Augusta Taurinorum, il cui impianto urbano originale è ancora rilevabile nel centro città. L'origine militare della colonia caratterizza infatti la morfologia urbana in questo periodo storico con il caratteristico impianto a scacchiera organizzato sui due assi principali, il cardo ed il decumano (le attuali via Porte Palatine e via Garibaldi) che, mantenutosi ed ampliato fino ai giorni nostri, è ancora individuabile nel centro cittadino. Aldilà dell'assetto viario le Porte Palatine e gli adiacenti scavi del teatro romano sono forse i monumenti che meglio rappresentano le vestigia romane.

 

In seguito alla caduta dell'impero romano Torino passò, nel periodo medioevale, sotto la dominazione Gotica, successivamente Longobarda, Franca ed infine dei Principi D'Acaja, legati fortemente al ducato di Savoia. Durante il medioevo Torino era una piccola città suddivisa in quattro quartieri, dimensionalmente analoga alla città romana, di cui sfruttava l'impianto viario e la cinta muraria. In questo periodo Torino crebbe perlopiù in altezza, aumentando i piani delle strutture già presenti e modificando sensibilmente l'assetto viario originario (Piazza delle Erbe e Largo 4 Marzo si inseriscono nell’impianto a scacchiera alterandone la regolarità). Pochi sono gli edifici giunti fino a noi in grado di testimoniare l'evoluzione architettonica della città in questo periodo, tra questi il Palazzo Madama (casaforte dei Principi D'Acaja e costruito sulla romana porta Praetoria), la romanica torre campanaria di S. Andrea (oggi della Consolata, molto rimaneggiata) e la chiesa di San Domenico. Da segnalare la presenza già a partire del VI secolo del duomo di Torino (ricostruito poi in seguito) sede della Diocesi di Torino capeggiata dal Vescovo.

 

L'epoca rinascimentale fa caratterizzata dalla dominazione dei principi d'Acaja, che non portò sostanziali modifiche di carattere morfologico ma che vide la costruzione dell'attuale Duomo di Torino (ultimato nel 1498 ad opera di Meo del Caprino, unico edificio rinascimentale della città oggetto successivamente di ampliamenti e modifiche) e la fondazione nel 1404 dell'Università. Nel successivo periodo di dominazione francese venne potenziato il sistema difensivo della città (che era sostanzialmente ancora quello romano) costruendo quattro bastioni di tipo moderno, in grado di resistere ai tiri di artiglieria. Sempre a scopo difensivo vennero abbattute tutte le costruzioni limitrofe alla città al di fuori della cinta muraria, scomparvero così i borghi Dora, di Po e di Porta Segusina e gli ospizi ed ospedali che ospitavano pellegrini e lebbrosi.

 

L'evento storico forse più importante della città avvenne nel 1562 quando, finita la dominazione francese, Emanuele Filiberto di Savoia decise di spostare la capitale del suo Ducato da Chambery a Torino, considerando la città piemontese più difendibile di quella francese. La prima preoccupazione del Duca fu infatti quella di fortificare le difese della città costruendo la Cittadella, un complesso di fortificazioni e caserme costruito nell'angolo sud ovest della città. In questo periodo verrà intrapresa anche la costruzione del palazzo Ducale (oggi conosciuto con il nome di palazzo Reale) e la costruzione di alcune delle regge sabaude (che saranno oggetto un articolo su questa stessa rubrica) tra cui il Bivoccone (conosciuto come Regio Parco) ed il Castello di Mirafiori.

 

Il palazzo Ducale ed il castello di Mirafiori furono i fuochi del primo ampliamento della città nel 1620, realizzato ad opera di Carlo di Castellamonte. Il progetto era sviluppato sull'asse viario che univa le due regge (l'attuale via Roma) ed aveva come fulcro la realizzazione della piazza S. Carlo, una piazza con ruolo di mercato circondata da portici che ospitavano le botteghe artigiane, dalla quale si diramavano le vie del nuovo quartiere che mantenevano la struttura a scacchiera del reticolo viario.

 

Nel 1673 la città si espanse ancora, questa volta in direzione del fiume Po. Venne infatti realizzato su progetto di Amedeo di Castellamonte a partire da questo anno il secondo ampliamento della capitale Ducale, che si sviluppava lungo l'asse di via Po, completamente porticata, ed attorno alla piazza Carlo Emanuele II (meglio conosciuta come piazza Carlina, realizzata sul modello delle places royales parigine). L'ampliamento comprendeva anche le opere della biblioteca reale e della cavallerizza reale, collegate al palazzo ducale. Sono di questi anni anche le realizzazioni del castello del Valentino e della Reggia di Venaria e delle opere di Guarini tra cui il palazzo Carignano e la Cappella della Sindone.

 

Dopo l'assedio del 1706 da parte dei francesi ed il successivo trattato di Utrecht, i duchi di Savoia, entrando in possesso della Sardegna, divennero re ed istituirono il Regno di Sardegna di cui Torino divenne capitale e sede della corte reale. In seguito a questi avvenimenti la corte sabauda crebbe di importanza, richiamando artisti ed intellettuali da ogni parte d'Italia. Tra questi Filippo Juvarra, architetto siciliano, che si rese protagonista delle opere architettoniche più importanti di questo periodo, quali la Palazzina di Caccia di Stupinigi e la Basilica di Superga oltre a svariati interventi su tutto il territorio piemontese. A livello urbano il suo contributo fu fondamentale per realizzare il terzo ampliamento della città, sviluppato nella parte ovest di Torino a partire dal 1714, comprendente perlopiù case da reddito ed i quartieri militari. L'asse principale di questo intervento barocco fu l'attuale via del Carmine congiungente le attuali piazza Savoia e piazza dei Quartieri, ma l'intervento comprese anche la realizzazione della piazza in corrispondenza della porta di Milano (l'attuale Porta Palazzo) e la rettifica della via Dora Grossa (l'attuale via Garibaldi) sempre ad opera del Juvarra.

 

I tre ampliamenti di Torino furono pianificati e realizzati congiuntamente all'estensione della cinta muraria e del sistema difensivo. La pianta di Torino in questi anni assumeva la caratteristica forma a 'mandorla' con la quale era anche indicata nella trattatistica militare dell'epoca.

 

Durante il periodo Napoleonico venne però distrutto tutto il sistema difensivo della città ad eccezione della cittadella (il cui edificio principale è ancora oggi visibile). Questo comportò, insieme alla costruzione del ponte in pietra sul fiume Po, lo sviluppo di borghi popolari limitrofi alla città pianificata che sorsero in maniera spontanea a partire da quegli anni.

 

L'8 maggio 1814 truppe austriache entrarono in Torino, in sostituzione di quelle francesi appena partite, e il venti dello stesso mese torna a Torino Vittorio Emanuele I. Inizia il periodo chiamato “Restaurazione” che si sviluppa in due fasi temporali: la prima legata al regno di Vittorio Emanuele I (1814-1821) e la seconda legata a quello di Carlo Felice (1821-1831). Questi anni sono caratterizzati dalla formulazione di molteplici programmi urbanistici e da una forte espansione della città.

 

Vittorio Emanuele I venne restaurato nei suoi precedenti domini e vennero ripristinate leggi e istituzioni dell’ancien régime riportando forzatamente lo stato all’immagine che aveva prima dell’occupazione francese, ovvero quella del 1798.

 

Nel clima durissimo della crisi economica incombente e per la forte immigrazione dalla campagna alla città, il re richiese di inglobare nel piano urbanistico di ampliamento la costruzione di un muro di cinta attorno alla città per il controllo daziario, per regolarizzare i commerci in entrata e uscita da Torino. La cinta daziaria aveva anche la funzione di controllo politico e di sicurezza.

 

 

Il progetto di questo muro di cinta non fu mai realizzato; il vasto perimetro del muro che venne realizzato più tardi nel 1853 assunse caratteri funzionali dissimili da quelli che avevano spinto il primo progetto del  1818 e condizionò molto il carattere dei successivi ampliamenti urbani e relativi regolamenti edilizi.

 

Il 30 agosto 1815 il collegio dei decurioni della città, che aveva ripreso le sue funzioni, decise di erigere sulla sponda destra del Po, in testa al ponte napoleonico. Una chiesa in ricordo e ringraziamento del ritorno della dinastia sabauda. I lavori di costruzione della chiesa detta Gran Madre di Dio vennero effettivamente iniziati nel 1827 con Carlo Felice.

 

La chiesa è certamente la ragione dell’apertura del muro di cinta nel tratto corrispondente all’accesso al ponte. In questo periodo il criterio di ampliamento urbanistico era quello di privilegiare lo sviluppo edilizio in corrispondenza dei fulcri architettonici progettati fuori porta lungo gli assi delle arterie storiche barocche.

 

Contestualmente al progetto della nuova chiesa, si innescarono una serie di proposte sulla sistemazione urbanistica del borgo a destra del Po, dove sarebbe sorto il nuovo tempio, e dello spazio a sinistra del fiume, compreso tra il ponte napoleonico e via Po.

 

Le varie proposte di intervento avevano come idea comune quella di realizzare una connessione visiva, prospettica e funzionale tra le due sponde. Il progetto doveva inoltre risolvere il problema del forte dislivello presente tra il termine della via Po e il ponte in pietra.

 

Il progetto della nuova piazza Vittorio Emanuele I (oggi piazza Vittorio Veneto) del’architetto Giuseppe Frizzi risolveva al meglio lo spazio, riuscendo a inserire formalmente i nuovi fabbricati neoclassici porticati della piazza portando una architettura del tutto nuova a confronto con quella barocca della via Po.

 

Frizzi integrò nella zona di saldatura tra la via e la piazza (emiciclo) elementi architettonici barocchi riprodotti fedelmente con i nuovi corpi di fabbrica; nella zona di nuovo impianto invece l’immagine era quella della nuova architettura neoclassica senza commistioni barocche. Gli edifici sulla piazza hanno piani di imposta che si abbassano progressivamente in direzione del fiume, questo determina una differenza nei marcapiani e nei cornicioni dei fabbricati contigui. Questa mancanza di continuità orizzontale viene mitigata dal Frizzi realizzando i sovrappassi viari sulle strade perpendicolari ai lati maggiori della piazza.

 

Negli stessi anni si pianifica lo sviluppo urbano settentrionale di Torino.

 

Questa parte di città, Borgo Dora, aveva carattere più produttivo rispetto alla zona di Piazza Vittorio. Il progetto base di ampliamento, opera di Gaetano Lombardi, era una piazza di connessione tra la frangia della città vecchia e Borgo Dora e la realizzazione di edifici di civile abitazione. Una destinazione commerciale crescente, dovuto all’inserimento nella zona dei macelli pubblici negli anni venti, aveva determinato il carattere tipologico e la struttura fisica della piazza: un grande quadrato smussato agli angoli con terreno libero al centro. Alla fine degli anni venti si proseguirono le due maniche juvarriane sull’antica piazza di porta Palazzo connettendo le nuove strutture edilizie ai corpi di fabbrica settecenteschi. Questa piazza, intitolata a Emanuele Filiberto, occupava quindi il vasto spazio tra la città e il Borgo Dora e traccia un nuovo asse tendente alla direzione di Milano. A completare questa opera urbanistica si inserisce la costruzione del nuovo ponte sulla Dora progettato da Carlo Bernardo Mosca nel 1823 e terminato nel 1830.

 

Sempre negli anni venti si definisce l’ampliamento meridionale di Torino: Porta Nuova e il Borgo Nuovo. Si volle integrare parti nuove della città nell’antico tramite fulcri urbani e assi viari. Il progetto non realizzato di Gaetano Lombardi per l’ingresso di porta Nuova era finalizzato alla evidenziazione dell’importanza della strada Contrada Nova (attuale via Roma) che collegava direttamente al palazzo Reale. Fu dichiarata la volontà di realizzare una zona a carattere residenziale a bassa densità, per la prima volta la città offriva ai suoi abitanti di ceto alto una scelta di insediamento alternativa allo storico territorio privilegiato extraurbano della collina. Il progetto di Gaetano Lombardi aveva anche l’intenzione di mantenere una distanza non aedificandi di circa 50 m a partire dal viale del Re (attuale corso Vittorio Emanuele) in direzione nord verso via Borgo Nuovo, a sottolineare il carattere di spazio verde che il nuovo Borgo doveva assumere. Ben presto però il viale del Re divenne asse importante di edilizia intensiva, così come l’intera zona del Borgo Nuovo.

 

Negli anni 50 dell’ ottocento il piano urbanistico di espansione della città riguardò tre zone: l’area fuori porta Nuova a sud, l’area fuori porta Susa e sulla regione Valdocco a ovest e il quartiere Vanchiglia a nord-est.

Nel 1861 al termine della Seconda guerra d'indipendenza e dell'Impresa dei Mille che portarono alla nascita del regno d'Italia, Torino divenne la prima capitale dell'Italia. Nel 1865, varie valutazioni di tipo politico ed anche il desiderio di spiemontizzare la dinastia ora italiana portarono alla decisione di trasferire la capitale a Firenze.

 

Con il trasferimento della capitale ed il conseguente abbandono della città da parte degli uffici, ed altre attività, ad essa collegati (come ministeri, ambasciate, etc) per Torino iniziò una fase di crisi che vide la popolazione calare dalle 220.000 unità del 1864 alla 193.000 del 1870.

 

La città dovette costruirsi una nuova identità, dotarsi di nuove infrastrutture e attrezzature pubbliche. Nel 1864 ebbero inizio i lavori di costruzione della Mole Antonelliana che, inizialmente progettata con funzioni di sinagoga ebraica, vide, durante la lunga e travagliata fase di costruzione, mutare funzioni e aspetto fino a diventare, sul finire del secolo, la sede del Museo del Risorgimento (ora ospitato a Palazzo Carignano) ed il simbolo stesso della città.

 

Parallelamente all’espansione progressiva lungo le antiche direttrici di collegamento della città con il territorio limitrofo era presente negli anni 80 dell’ ottocento  il risanamento del centro antico. In seguito alla Legge per il risanamento per la Città di Napoli venne approvato un programma di interventi di riqualificazione che comprendeva demolizioni e ricostruzioni sulla maglia ortogonale della città antica ma anche la formazione delle “diagonali”. I tagli diagonali attuati furono soltanto due: via Pietro Micca e via IV Marzo, ma comportarono conseguenze dirompenti sul tessuto antico.

 

A fine XIX secolo, tramontata la possibilità di divenire un'importante polo di servizi, Torino diresse il suo sviluppo verso l'industria dando inizio al processo che l'avrebbe portata a divenire, nel secolo seguente, uno dei principali centri industriali d'Italia. Nel 1898, proprio sulla fine del secolo, venne fondata la FIAT che diventerà, nella seconda metà del XX secolo, la fabbrica di Torino determinandone, per anni, lo stesso sviluppo.

 

Durante il periodo fascista si volle monumentalizzare la via Roma, la cui immagine non era considerata degna a rappresentare l’arteria più signorile e commerciale della città. Dal 1931 al 1937 venne completamente sventrata al fine di crearvi i monumentali portici che ancora la sovrastano.

 

Negli anni 50 del novecento la città conobbe un periodo di grande crescita, dovuto all’ampliamento degli stabilimenti della FIAT con conseguente aumento dei posti di lavoro. Torino dovette adeguarsi ad accogliere la forte immigrazione dal Sud d’ Italia, con la costruzione di nuove zone residenziali.

 

Nel 1961, per celebrare i cent'anni dell'unità del paese, venne allestita la grande mostra Italia '61 nella zona presso Nizza Millefonti. La grande mostra storica progettata dal comune si svolse nel Palavela, nel Palazzo del lavoro (o Palazzo Nervi) e nei 20 padiglioni dedicati ognuno ad una regione italiana. Notevole interesse viene posto attorno alla monorotaia che collegava i due estremi dell'area espositiva, dismessa tuttavia alla fine dell'esposizione e mai più utilizzata.

 

Torino ospita le olimpiadi invernali nel 2006, e questa data può essere presa come punto di rinascita della città: dopo anni di ritardo si scava la tanto attesa metropolitana. Altre opere pubbliche come il "passante ferroviario", i lavori per la nuova stazione ferroviaria di Torino Porta Susa e altre grandi interventi di riqualificazione sono stati compiuti e continuano ad effettuarsi.

  

Arianna Casale _ ariannacasale@live.it

Marina Castrovillari _ marina.castrovillari@live.it

Andrea Rosada _ andrearosada@yahoo.it

 

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