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CORRIERE DELLA SERA: Il Brasile scommette su Dilma, la “pupilla” di Lula

L'ex guerrigliera Rousseff in netto vantaggio su Serra, ma non è escluso il secondo turno.

Il Brasile potrebbe ritrovarsi stasera con una donna alla presidenza della Repubblica, la prima volta nella sua storia, oppure con la prospettiva di un altro mese di campagna elettorale. Gli ultimi sondaggi non danno più per certa la vittoria facile di Dilma Rousseff, la prescelta da Lula per la sua successione, come appariva fino a un paio di settimane fa. Per farcela, l'ex numero due del governo uscente dovrebbe prendere più voti della somma dei due principali rivali. Oggi la Rousseff viene vista largamente in testa con il 47% dei voti, seguita da José Serra con il 28% e Marina Silva con il 14%. Ma per gli statistici siamo ancora dentro il margine di errore, e non si esclude un ballottaggio tra un mese.

La vigilia del voto è tranquilla, la sfida nelle piazze e in tv è talmente formale e attenta alle regole da risultare noiosa. Lula e il suo Pt, il partito dei lavoratori, hanno blindato la loro candidata da quando il gioco di farla conoscere all'immenso Brasile come la continuità totale ha mostrato di funzionare alla perfezione. La Rousseff non aveva mai disputato una elezione, di alcun tipo, non infiamma né emana particolare carisma. La sua traiettoria – dalla guerriglia contro la dittatura in gioventù al ruolo di grande tecnocrate delle infrastrutture – è notevole, e nessuno può accusarla di essere un fantoccio; ma in una campagna aperta o alle prese con giornalisti, per esempio, avrebbe potuto mostrare difetti e inadeguatezza al compito che l'aspetta. Per cui è stata resa inavvicinabile, con i suoi uomini del marketing politico attenti solo a smussarne l'immagine troppo dura. Hanno tentato anche di farla piangere, per esempio, cosa che a Lula riesce con una facilità fuori dal comune.

In più la clamorosa popolarità con la quale Lula esce di scena (oltre l'80%) ha condizionato e spuntato le armi ai suoi avversari. Serra ha un indubbio profilo da capo di Stato, è stato eccellente ministro e governatore. Ma è la stessa figura sconfitta da Lula nel 2002, e rappresenta il partito che ha governato prima di lui con Cardoso, il Psdb. A poco gli è servito ricordare una ovvia verità, e cioè che il boom economico del Brasile e i progressi nel campo sociale sono anche merito delle politiche che Lula non ha voluto cambiare, con la sua presidenza moderata e responsabile. L'elettore, si sa, non ha molta memoria. Difficile anche per Marina Silva distinguersi: la candidata verde e pasionaria dell'Amazzonia è stata a lungo ministra di Lula, tutta la sua storia di vita in parallelo con quella dell'ex operaio, la stessa emotività e identificazione con «o povo», il popolo. Finirà per raccogliere un voto urbano, ecologista e intellettuale, assai meno dalla gente cresciuta come lei nella fame e nello sfruttamento.

Sia Serra che Marina hanno dunque ondeggiato per tutta la campagna, nell'incapacità di andare all'attacco di Lula, e il calcolo del leader uscente – che all'inizio aveva suscitato più dubbi che approvazioni – si sta dimostrando esatto. La Rousseff non ha nemmeno avuto bisogno di presentare un programma di governo, ripetendo sempre e soltanto di voler proseguire e migliorare quello che il governo Lula ha fatto. Si sprecano le interpretazioni su quella che sarà la sua reale autonomia, se farà un governo più di sinistra, oppure cambierà la politica estera degli ultimi tempi.

Rocco Cotroneo – CORRIERE DELLA SERA

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