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CORRIERE DELLA SERA: Calcio d’inizio. «Oggi siamo tutti africani»

JOHANNESBURG (Sudafrica) – «Ci siamo» dice Mama Lolo versando il caffè. E’ una mattina fredda e nelle strade di Soweto strombazza già il richiamo delle vuvuzelas. «Il mondo nelle mani dei Bafana» titola lo Star. Grande foto: un grappolo di mani nere e bianche aggrappate alla coppa d’oro. Ci siamo: dopo sei anni e almeno 4 miliardi di euro la calabash di Soccer City, il grande stadio a forma di pentolone ai margini dell’ex ghetto nero a sud di Johannesburg, sta per scodellare la prima delle 64 portate/partite di questa World Cup 2010. «Siamo tutti africani», ha cantato ieri sera l’arcivescovo ultraottantenne Desmond Tutu al concertone di apertura, dimenandosi sul palco dell’Orlando Stadium manco fosse Shakira.

FESTA DI POPOLO – Due miliardi di persone si metteranno davanti alla tv questo pomeriggio: alle 14 la cerimonia di apertura, alle 16 il calcio d’inizio di Sudafrica-Messico prima di puntare gli occhi su Francia-Uruguay che si giocherà in serata a Cape Town. «Sarà una guerra» ha detto Alberto Perreira, allenatore brasiliano dei Bafana Bafana. Il collega-rivale Aguirre ha raccolto la sfida: «Non siamo venuti qui per farci degli amici». Il ruggito delle vuvuzelas potrà anche impedire le comunicazioni dalle panchina ma certo non renderà più molli le gambe degli avversari come sperano 50 milioni di sudafricani neonati compresi. Ottantamila nella calabash, il resto sparpagliato nelle case, nelle bettole o davanti agli schermi giganti allestiti in tutte le città. Una grande festa di popolo, una minaccia proporzionata alla folla: ancora ieri sera a Città del Capo si è sfiorata la tragedia quando centinaia di persone hanno cercato di forzare i cancelli per partecipare alla festa del concertone a distanza.

IL LUTTO DI MANDELA – Ma oggi finalmente si gioca. Il dodicesimo sudafricano in campo doveva essere Nelson Mandela. Ieri Cristiano Ronaldo gli ha portato una maglia della nazionale portoghese con il numero 91, tanti sono i suoi fragili anni di pacifico lottatore. Madiba era atteso nel pentolone di Soccer City prima del calcio d’inizio: pochi minuti, il tempo di salutare il mondo, benedire «i Ragazzi» con una spruzzatina del suo famoso “Mandela magic” e poi tornare a casa al caldo a vedersi la partita. Questa mattina alla tv ci si aspettava la conferma della sua presenza allo stadio. E invece non ci sarà: da casa Mandela è arrivata una notizia tragica, la morte di una bisnipotina del leader che dopo 27 anni di prigione ha sconfitto l’apartheid. Zenani, 13 anni compiuti due giorni fa, tornava dal concertone di Shakira. L’auto su cui viaggiava si è ribaltata sulla tangenziale M1. L’autista è stato fermato. Secondo la polizia con lei c’era la bisnonna Winnie, ex moglie di Nelson, che sarebbe rimasta ferita nell’incidente, ma la notizia è stata smentita dalla Fondazione Mandela. Zenani era nipote di Zindzi, la figlia minore dell’ex presidente. Zindzi che ancora ragazzina, in una famosa giornata di oltre vent’anni fa, in uno stadio gremito di Johannesburg riportò alla folla le parole del nonno ancora prigioniero, che rifiutava l’offerta truffaldina di scarcerazione fatta dal regime bianco: «Non uscirò di prigione se non liberano anche il mio popolo».

«LA CULLA DELL'UMANITA'» – «Dicono che l’Africa sia la culla dell’umanità», ha urlato ieri Desmond Tutu prima della Waka Waka di Shakira. «E allora, al mondo che ci guarda e partecipa a questa festa, diciamo con gioia: bentornati a casa». Oggi siamo tutti africani, caro Madiba, povera Zindzi. Fiato alle vuvuzelas. Sotto sotto, al di là del risultato, nel grande pentolone di Soccer City si sentiranno un po’ africani anche i giocatori del Messico e i tifosi con il sombrero.

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