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Dalla poesia alla musica: intervista a David Marsili sull’ultimo ep “L’ideale”

Per Erika Pucci – David Marsili, insegnante, scrittore, musicista di Livorno, ha debuttato come solita, sotto lo pseudonimo Similar, con l’ep “L’ideale”. Il progetto si ispira all’esperienza poetica degli Scapigliati e dei Fiori del male cercando il connubio tra musica e poesia.

  • Quale è stato il motivo che ti ha spinto a ideare e realizzare questo progetto?

Un giorno d’estate di due anni fa, per gioco, con mia figlia prendemmo in mano una vecchia edizione de “I fiori del male” e, sedendoci al pianoforte di famiglia (una bellissima mezzacoda Kawai), provammo a scegliere dei versi per musicarli. Fummo ispirati da Ciel brouillé. Da quella breve improvvisazione, sviluppai il brano che sarebbe diventato “Cielo Ombroso”. Sono venute fuori delle suggestioni inattese.

  • Con quale criterio hai scelto le poesie e gli autori che ispirano i brani?

Oltre a Baudelaire e ai suoi Fiori, sono rimasto fedele a quel periodo storico che mi ha sempre affascinato. Così ho scelto di provare con i poeti della Scapigliatura, un movimento affascinante e purtroppo dimenticato nei percorsi didattici che tra i ’60 e gli ’80 dell’800 agitò la Milano artistica e il nord Italia, sempre sulle suggestioni dei bohemien francesi e in contrasto con i canoni del romanticismo e dell’ascesa della borghesia. Ho scelto Camerana e Boito: il primo per il rapporto tra paesaggi interiori ed esteriori, il secondo per la poetica del Dualismo, uno dei temi cardine di questo irrequieto movimento. Ormai il progetto prendeva forma, così, attraverso i post di un’amica molto esperta di poesia, sono venuto a conoscenza di Emily Dickinson, che appartiene allo stesso periodo storico, sebbene sia un’artista fuori da ogni movimento e canone. Ho messo insieme due poesie che parlavano di sogni e solitudini, ci ho trovato delle analogie con l’”Ideale”, il filo conduttore che legava le poesie alle mie canzoni. È nata “Solitude”, un pezzo con vocazione più pop. Infine, ho inserito un brano costruito su una poesia di un contemporaneo, un poeta non famoso di Collesalvetti, nella provincia di Livorno. È una bella storia: per la poesia l’autore Lido Pacciardi si è ispirato a un quadro di Anchise Picchi, il quale a sua volta si era ispirato a una novella del Fucini sui migranti di maremma. Con “Profughi”, ho riportato alla musica una creazione che ha attraversato ogni tipo di Arte (narrativa, figurativa, poetica).

  • Quali aspetti musicali hai cercato di valorizzare perché la sinestesia con le parole fossero efficaci nel rielaborare le esperienze poetiche a cui ti sei ispirato?

Bella domanda. Inizialmente ho voluto fare una cosa molto minimale. I pezzi sono nati quasi tutti a piano e voce, proprio per valorizzare i suoni delle parole rispettando i silenzi le pause, anche musicali. In alcuni casi, in post produzione, abbiamo lavorato sugli arrangiamenti per rendere al meglio il senso delle ambientazioni. In “Quattro solchi” ad esempio, cori in controcanto, campane ed echi si rincorrono con le note di piano e chitarre in modo da dare un senso di straniamento e inquietudine. In “Cielo ombroso” c’è tutta una costruzione in cui ricorre sempre il numero “tre”. Tre accordi, tre sezioni, che seguono i tre colori dello sguardo della donna nella poesia e i tre stati d’animo visti da Baudelaire. Poi una chitarra e-bow rimarca l’angoscia e lo spleen, mentre un finale elettronico rimarca l’indurimento delle parole nel testo. È stata un’esperienza fantastica lavorare su questi aspetti e un grande lavoro l’hanno fatto i musicisti che mi hanno dato una mano in questo lavoro.

  • Quando ha contato la tua esperienza di scrittore nella ricerca delle parole per i testi de “L’ideale”?

Non so. In realtà ho fatto questo progetto mettendo poche parole mie e lavorando più da musicista. Ne avevo bisogno. Però sicuramente l’attenzione al “suono” e alla “voce” delle parole, oltre che all’importanza del “non detto” e delle pause sono aspetti tipici anche della narrativa.

  • Quali sono state le esperienze più piacevoli nella realizzazione di questo lavoro e quali le difficoltà?

È stato bello veder nascere e crescere queste piccole idee. In studio con Daniele Catalucci mi sono divertito tantissimo, era come se fossi nel paese dei balocchi. E poi, lavorare di nuovo in gruppo con amici e musicisti storici è stato stimolante. Difficoltà non ne ho avute, perché in realtà non avevo alcuna aspettativa. Volevo fare una registrazione minimale di alcuni brani solo per me, invece poi è venuto fuori un lavoro fantastico che oggi è distribuito sui maggiori canali di musica digitale.

  • Dualismo” è uno dei brani più “potenti” della raccolta, ispirata a una poesia di Boito sul contrasto tra reale e ideale. Operativamente come hai fatto a rendere la poesia un brano musicale?

Il tema del “dualismo” è uno di quelli che mi interessa di più. Quando ho letto questa lunga poesia di Arrigo Boito sono rimasto colpito. Riesce a rovesciare continuamente stati d’animo, passando dai lati ideali, luminosi, a quelli oscuri, torbidi, dell’uomo. È un vero e proprio manifesto della Scapigliatura. Effettivamente la poesia è molto lunga ed ha un linguaggio molto ottocentesco. Però ha una metrica molto regolare e musicale. È stato facile musicarla perché l’ho “montata” su una melodia che avevo già e che si adattava perfettamente. L’ho affidata a Eugenio Sournia, un cantante e musicista fantastico che ha già una bella carriera con i Siberia malgrado la sua giovane età. La canzone era perfetta per lui che si è offerto di darmi una mano e l’ha resa meravigliosa.

  • Chi ha lavorato con te nel disco?

I musicisti sono quelli del progetto Rupert, di cui ero solo chitarrista e con cui facemmo un disco, “Wandering” nel 2016, prodotto da Santeria.

Il piano suonato bene l’ho affidato a Roberto Mangoni, il mio personale Sakamoto, che ha anche aggiunto un tocco del suo gusto. Massimo Ruberti ha messo dei bellissimi synth analogici ed alcuni campionamenti. Eugenio Sournia ha cantato e suonato il piano in Dualismo. Ada Doria ha messo cori e controcanti in alcuni brani, dando un tocco di stile e dolcezza. Ma il padre spirituale de “L’Ideale” è Daniele Catalucci, che ha fatto un grande lavoro di produzione, oltre alla registrazione, mixing e mastering, e ad aver suonato basso e alcune tastiere. Lui è il professionista che sa vedere quello che vuoi fare e lo rende possibile. Sua è stata l’idea di fare una produzione che avesse anche una veste fruibile all’esterno.

  • Il mio preferito è “Cielo Ombroso” : se tu dovessi raccontarlo per avvicinare l’ascoltatore all’esperienza musicale e poetica cosa diresti di questo brano?

Sono molto legato a questa canzone proprio perché ha dato inizio al progetto. Non a caso l’EP inizia con una introduzione grezza di “Cielo ombroso” fedele all’originale, e si chiude con il pezzo elaborato e arrangiato, come a far capire all’ascoltatore come è nato e si è sviluppato l’intero disco.

  • Per il futuro pensi di proseguire la tua ricerca artistica ancora nel campo musica e poesia?

Non so. Non mi piace mai ripetere cose già fatte, anche in narrativa. Dopo Similar, musicalmente potremmo riprendere il progetto Rupert (i musicisti sono gli stessi), mentre artisticamente voglio riprendere con la narrativa.

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