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Germania: raffica di omicidi razzisti, ergastolo per la neonazista Zschäpe

Lo sguardo perso nel vuoto, di chi ancora non si è reso conto che ha perso la libertà. Forse per sempre. Il tribunale di Monaco ci è andato pesantissimo con Beate Zschäpe, unico membro in vita della cellula neonazista Nsu (Nationalsozialistischer Untergrund), responsabile di una serie di omicidi razzisti che scioccò l’opinione pubblica tedesca fra il 2000 e il 2007 e gettò un’ombra sulle carenze dei servizi di intelligence interna, mettendo in evidenza i rischi sottovalutati delle reti dell’estrema destra. Era il periodo degli assalti ai negozi e ai market etnici, ribattezzati dai media come i “delitti del kebab”. I giudici hanno accolto in toto le richieste dell’accusa: carcere a vita per la 43enne e nessuna possibilità di chiedere la libertà condizionale per almeno i prossimi 15 anni, a causa della «particolare gravità» delle sue colpe. Anche se non ci sono indizi che abbia partecipato materialmente agli omicidi, per i giudici la donna «era a conoscenza di tutto, ha condiviso gli atti e a suo modo ha collaborato e guidato» la cellula. La pena massima prevista dall’ordinamento giuridico tedesco è arrivata al termine di un processo cominciato nel maggio del 2013 e durato più di 5 anni, uno dei più lunghi del dopoguerra tedesco.

Cinque anni in cui la Zschaepe è rimasta in silenzio, negando la responsabilità negli omicidi tramite i suoi avvocati. A nulla è valsa la sua dichiarazione in extremis, in chiusura di dibattimento, che l’ideologia estremista e xenofoba non aveva ormai «più alcuna importanza» per lei: «Vi prego, non giudicatemi per qualcosa che non ho voluto né commesso» ha implorato, rivolgendosi alle toghe. Troppo tardi, doveva pensarci prima di ammazzare quegli innocenti. La cellula, composta da tre persone, uccise in tutto 8 persone di origine turca, un greco e una poliziotta tedesca. Ma la Zschäpe non è stata condannata solo per questi delitti: tra i 10 capi d’imputazione di cui è stata riconosciuta colpevole ci sono anche due attentati esplosivi contro comunità straniere a Colonia nel 2004, che fecero decine di feriti: e 15 rapine in banca, commesse per finanziare gli attacchi col trio di cui faceva parte. Gli altri due erano Uwe Mundlos e Uwe Böhnhardt: due balordi di 38 e 34 anni trovati morti dalla polizia nel novembre del 2011, uccisi a colpi d’arma da fuoco in una roulotte poco prima del loro arresto. Secondo gli inquirenti si suicidarono entrambi, ma fino ad allora il gruppo neonazista, sorto nel 1997, era rimasto in clandestinità per ben 14 anni, riuscendo a farla franca con le forze dell’ordine e mettendo in imbarazzo il governo, che non riusciva a venire a capo della matrice di quei crimini. Oltre alla Zschaepe, sono stati condannati per favoreggiamento altri 4 neonazisti con pene dai 2 ai 10 anni di reclusione, tra cui un minorenne, per aver procurato armi e fornito supporto logistico ai fanatici. Ma la vicenda non può ancora dirsi conclusa: la difesa, che aveva chiesto che la Zschaepe fosse rilasciata a piede libero, ha già annunciato di voler impugnare la sentenza di ergastolo della corte d’Appello davanti alla Corte federale.

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