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MARINA CASTROVILLARI: Film Festival CinemAmbiente. Focus sui diritti umani: “Entre muros e favelas”

La dodicesima edizione del  Festival CinemAmbiente si è svolta a Torino dall’8 al 13 di ottobre.

Durante questa settimana sono stati proiettati 115 film, provenienti da 24 paesi, che si sono occupati di temi differenti come: la crisi economica mondiale con le sue ripercussioni ambientali, lo sfruttamento delle risorse, traffico e mobilità sostenibile, i rifiuti, le energie rinnovabili, il picco del petrolio, il nucleare, il caos e il riscaldamento climatico, la censura delle immagini nei paesi totalitari e gli stili di vita ecocompatibile.

 

Il programma del festival era articolato in sezioni e all’interno di quella relativa al focus diritti umani, in collaborazione con la sezione italiana di Amnesty International, è stato proiettato domenica 11 ottobre, il documentario Entre Muros e Favelas (2005).

 

Una collaborazione tra Germania e Brasile; i registi sono infatti le tedesche Susanne Dzeik e Kirtsen Wagenschein, che lavorano insieme dal 1993 all'interno del videocollettivo berlinese AK KRAAK (www.akkraak.squat.net, dove è possibile vedere gratuitamente il documentario), e dal brasiliano Marcio Geronimo che lavora con il gruppo video ATreVer! di Rio de Janeiro.

Il documentario mostra , con immagini e interviste, la realtà di estrema violenza che si vive nelle favelas di Rio e la lotta degli abitanti  e delle ONG contro l’uso della violenza da parte delle forze di sicurezza, contro la criminalizzazione della povertà.

 

 “Ho visto trascinare via i corpi dal quartiere. Erano avvolti in lenzuola inzuppate di sangue. Quando ho visto tutto ciò sono svenuta. È successo tutto dopo l’assassinio di mio figlio”. Questa è parte della testimonianza di Marcia, suo figlio è una delle 1194 persone uccise dalla polizia di Rio de Janeiro nel 2003. 

 

Nel documentario viene data voce agli abitanti delle favelas e alle associazioni di genitori delle vittime che chiedono giustizia e denunciano l’uso criminale della violenza nelle favelas da parte delle forze di sicurezza. Sono nella maggioranza donne, madri che raccontano l’assassinio del proprio figlio da parte della polizia. Le vittime sono infatti soprattutto giovani, neri e mulatti delle aree più povere della città.  


Marcelo Freixo, deputato dello Stato di Rio de Janeiro, è da molti anni impegnato nella difesa dei diritti umani degli abitanti delle zone povere di Rio.

 

Nel 2008 è stato nominato presidente di una commissione parlamentare di inchiesta sulle attività criminali delle milicias paramilitari nelle favelas di Rio. Nel maggio di quest’anno è stato scoperto un piano per assassinare lui e un suo collaboratore; per loro Amnesty International ha chiesto un’urgente azione internazionale, adesso vive sotto scorta.

 

Nell’ultimo mese ha viaggiato per i Parlamenti Europei (Spagna, Germania, Francia, Olanda), è stato ricevuto anche dal Parlamento Italiano, ha parlato alla commissione Esteri della Camera, dove ha avuto la possibilità di denunciare le attività illegali scoperte a Rio de Janeiro.  

 

A seguito della proiezione del documentario, in sala è stato aperto il dibattito tra il pubblico, Marcelo Freixo e il suo collaboratore Vinicius Gorge.

 

Freixo ha subito spiegato che cosa sono le milicias, definendole come: “strutture mafiose composte da gruppi di agenti di polizia, guardie carcerarie e vigili del fuoco che hanno occupato il posto delle bande di narcotrafficanti dalle favelas adducendo come motivo l’offerta di sicurezza, cercavano l’appoggio dei politici; poi alcuni degli stessi capi delle milizie si sono candidati come consiglieri comunali, e uno, nel 2006, è stato eletto deputato”.

 

La sala era piena e il pubblico interessato. Sentendo queste prime parole e non avendo mai sentito parlare prima d’ora di queste milicias, tutti gli ascoltatori le hanno associate alla mafia italiana, con qualche differenza sicuramente, ma comunque mafia! Oltre ad alcune persone del pubblico anche lo stesso Freixo ha fatto questo paragone, mettendo in evidenza il fatto che, come ben sappiamo, la mafia italiana non è solo un problema italiano, ma molto più ampio.


Il suo viaggio in Europa vuole divulgare a livello internazionale il problema delle  milicias che, come per la mafia italiana, non sono solo un problema di Rio de Janeiro e del Brasile.

Qui in Italia molte notizie relative alla cronaca brasiliana non vengono pubblicate, quindi il pubblico in sala ha posto domande per conoscere la situazione reale del Brasile e in particolare di Rio de Janeiro, che, come ben sappiamo, si appresta ad ospitare i Giochi Olimpici del 2016. Freixo ha indicato come, le trasformazioni future, che serviranno a preparare la città e i cittadini a ospitare questo evento di importanza mondiale, possano essere un’opportunità per orientare lo sviluppo economico e sociale legale, migliorando lo scenario attuale.

 

Durante il dibattito si è quindi parlato di mafia, di violazione dei diritti umani e anche di speranza per il futuro: il rapporto finale della Commissione, da lui fortemente voluta, ha provato il coinvolgimento a vari livelli dello stato di Rio nelle attività illegali dei gruppi paramilitari e ha evidenziato il loro crescente potere economico.

Freixo afferma che qualcosa si sta muovendo, seppur con lentezza: “era stata chiesta la formazione della Commissione già nel febbraio 2007, ma è stata concessa solamente nel giugno del 2008, dopo che erano stati torturati e uccisi due giornalisti del quotidiano “O dia” che stavano investigando sulle milicias. Solo allora la stampa ha cominciato parlare del nostro lavoro e a esigere dal governo più attenzione”. In ultimo si è parlato della nuova campagna di Amnesty Internationl:

 

(((IO PRETENDO DIGNITA’))) che vuole porre i diritti umani al centro della lotta alla povertà. I temi principali della campagna sono: mortalità materna, insediamenti precari (favelas, slums) e responsabilità aziende.  

 

"Se hai una pistola non sei al sicuro, perché le persone cattive aggrediscono gli uomini che si sa che hanno una pistola.Se non hai una pistola non sei al sicuro lo stesso, perché chiunque può venire ad ammazzarti, compresa la polizia. E anche se non hai fatto niente non sei al sicuro, perché se qualcuno vicino a te ha fatto qualcosa alle bande e loro non riescono a trovarlo, vengono a prendere te”. Una donna di uno Iap di Kingston, la capitale della Giamaica, ottobre 2007   

 

Marina Castrovillari 

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