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CORRIERE DELLA SERA: In Italia due milioni di giovani non lavorano e non studiano

Nullafacenti, loro malgrado. Tirano sera con poche speranze: l'Italia ha il più alto numero, tra i paesi europei, di giovani che non lavorano e non studiano. Vivere a casa con i genitori non è più una scelta: è l'unico modo per sbarcare il lunario. Il quadro dell'Italia disegnato nel rapporto annuale dell'Istat, presentato alla Camera, è quello di un paese in parte ripiegato su sè stesso, che accusa drammaticamente la crisi economica nella vita di tutti i giorni. Famiglie non più in grado di affrontare qualsiasi imprevisto, disoccupazione o sottoccupazione, in particolare nella fascia femminile.

Il potere d'acquisto pro capite italiano è scivolato sotto il livello del 2000 mentre la pressione fiscale è salita al 43,2% nel 2009, aumentando di tre decimi di punto rispetto all'anno precedente (42,9% nel 2008) e ampliando lo stacco di oltre tre punti percentuali con la media Ue che l'anno scorso si è attestata al 39,5% (dal 40,3% del 2008). «Caso unico» tra le grandi economie, sottolinea l'Istituto nazionale di statistica. Insomma un quadro nell'insieme a tinte fosche, anche se qualche spiraglio di luce filtra: la ripresa si avvia verso una fase di «progressivo consolidamento» nei prossimi mesi in tutti i settori «ad eccezione delle costruzioni» che restano a picco, in Italia così come in altri Paesi europei quali Francia e Spagna. La crisi, ricorda infine il rapporto, pesa comunque di più sui lavoratori stranieri che su quelli italiani. Il tasso di occupazione dei primi è infatti calata nel 2009 a ritmi doppi rispetto ai secondi.

GIOVANI ALLO SBANDO – Non sono gli unici, ma quelli che pagano di più questo stato di cose sono i giovani. Quelli che non fanno nulla. Si chiamano Neet (Non in education, employment or training) e nel nostro paese sono oltre 2 milioni. Per questo, il nostro paese, ha il primato europeo. Hanno un'età fra i 15 e 29 anni (il 21,2% di questa fascia di età), per lo più maschi, e sono a rischio esclusione. A casa con mamma e papà ma non più per scelta nè per piacere. I "bamboccioni" lasciano il posto ai conviventi forzati con i genitori, costretti dai problemi economici. Nonostante le aspirazioni, i 30-34enni che rimangono in famiglia sono quasi triplicati dal 1983 (dall'11,8% al 28,9% del 2009). Lo denuncia l'Istat nel rapporto annuale presentato alla Camera.

Questi giovani sono coinvolti nell'area dell'inattività (65,8%). Il numero dei giovani Neet è molto cresciuto nel 2009, a causa della crisi economica: 126 mila in più, concentrati al nord (+85 mila) e al centro (+27 mila). Tuttavia il maggior numero, oltre un milione, si trova nel Mezzogiorno. Fra i Neet si trovano anche laureati (21% della classe di età) e diplomati (20,2%). È un fenomeno in crescita; nel 2007 (dati Ocse), l'Italia già registrava il 10,2% di Neet contro il 5,8% dell'Ue). Chi sono i giovani Neet? Sono coloro che perdono il lavoro e quanto più dura questo stato di inattività tanto più hanno difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro. Tra il primo trimestre del 2008 e lo stesso periodo del 2009 la probabilità di rimanere nella condizione di Neet è stata del 73,3% (l'anno precedente era il 68,6%), con valori più elevati per i maschi residenti al nord. Alla più elevata permanenza nello stato di Neet si accompagna anche un incremento del flusso in entrata di questa condizione degli studenti non occupati (dal 19,9% al 21,4%) ed una diminuzione delle uscite verso l'occupazione.

15% DELLE FAMIGLIE IN CONDIZIONI DI DISAGIO ECONOMICO – Oltre il 15% delle famiglie vive in condizioni di disagio economico, con una percentuale che supera il 25% nel Mezzogiorno; una su tre non riesce a sostenere spese impreviste, quasi una su due non può permettersi una settimana di ferie lontano da casa, mentre ci si indebita sempre più. La crisi, tuttavia – viene evidenziato nel rapporto – ha colpito le famiglie che già stavano peggio, tanto che la maggior parte (il 60%) di quelle in condizioni di disagio economico lo era già nel 2008. Da un lato, infatti, la percentuale delle cosiddette famiglie "deprivate" risulta essere nel 2009 pari al 15,3%, un valore sintetico sostanzialmente stabile rispetto all'anno precedente. Ma scorrendo le singoli voci di disagio, tra il 2008 e il 2009 si nota come sia cresciuto il numero delle famiglie indifese nel far fronte a spese impreviste (passate dal 32% al 33,4% nella media nazionale), quelle in arretrato col pagamento di debiti diversi dal mutuo (dal 10,5% al 13,6% di quelle che hanno debiti) e quelle che si sono indebitate (salite dal 14,8% al 16,4%). Allo stesso modo sale al 40,6% (dal 39,4% del 2008) la quota di famiglie per cui una settimana di ferie in un anno lontano da casa è solo un miraggio. Ma non manca neppure chi, allo stremo, dichiara di non aver avuto avuto almeno una volta nel corso dell'anno soldi per acquistare cibo: la media risulta pari al 5,7% (dal 5,8% del 2008) ma al nord si sale dal 4,4% al 5,3%. E ancora: cala leggermente la quota di famiglie che non può permettersi di riscaldare adeguatamente l'abitazione (10,7% dall'11,2% del 2008), benchè – viene rilevato – i prezzi al consumo del gas e dei combustibili liquidi siano diminuiti rispettivamente dell'1,5% e del 20%. Si riduce anche la percentuale di famiglie che riferisce di essere in arretrato con il pagamento del mutuo (dal 7,6% al 6,4%) e con il pagamento dell'affitto (dal 14% al 12,5% del totale in affitto).

FONTI RINNOVABILI CRESCIUTE DEL 20% – Nel rapporto, a ben cercare, qualche dato positivo c'è: a cominciare dagli impieghi di fonti rinnovabili che sono cresciuti del 20,5 per cento nel 2009, soprattutto per il maggiore utilizzo di legna e biodiesel. Tuttavia, secondo lo studio, l'Italia si colloca nel 2007 sotto la media europea (15,6 per cento) per quanto riguarda l'apporto delle rinnovabili alla generazione di energia elettrica. Tra le eco-energie cresce l'apporto dell'idroelettrico (+3,4 per cento nel 2009). Del resto, rileva l'Istat, la domanda di elettricità, pari nel 2009 a 317,6 miliardi di Kwh, è diminuita del 6,5 per cento rispetto all'anno precedente; «una riduzione – evidenzia l'indagine – senza precedenti dal 1949, quando si registrò una diminuzione dell'8,2 per cento. La produzione nazionale copre l'86 per cento del fabbisogno elettrico complessivo, le importazioni nette il restante 14 per cento (in crescita dell'11 per cento rispetto al 2008).

AUTO ED ECOINCENTIVI – In Italia, seconda in Europa per tasso di motorizzazione delle automobili (600 autovetture ogni mille abitanti nel 2006), si registra una crescente diffusione di autovetture a emissioni più contenute, grazie soprattutto alle politiche di incentivazione della domanda di vetture nuove. Lo rileva l'Istat nel suo rapporto annuale, nel sottolineare che nel 2008 il tasso di motorizzazione delle autovetture Euro 4, pari a 173 per mille abitanti, è più che quadruplicato rispetto al 2006, mentre si è ridotto del 25% quello delle auto più inquinanti (Euro 0,1 e 2).

GAS SERRA IN CALO PER EFFETTO DELLA CRISI – Le emissioni di gas serra dell'Italia continuano a diminuire, soprattutto per effetto della crisi economica (-2 per cento nel 2008, e -9 per cento nel 2009). Lo afferma il Rapporto Istat, secondo il quale tuttavia «è ancora lontano il conseguimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto (-6,5% per cento rispetto ai valori del 1990 entro il 2012) e della strategia europea integrata su energia e cambiamenti climatici (-30 per cento e -85 per cento rispettivamente al 2020 e al 2050)». In Italia che è al secondo posto in Europa per tasso di motorizzazione delle automobili, con circa 600 autovetture ogni mille abitanti, si registra, osserva il Rapporto, una crescente diffusione di automobili a emissioni più contenute, grazie soprattutto alle politiche di incentivazione della domanda di vetture nuove.

AUMENTA LA PRESSIONE FISCALE – La pressione fiscale in Italia è salita al 43,2% nel 2009, aumentando di tre decimi di punto rispetto all'anno precedente (42,9% nel 2008) e ampliando lo stacco di oltre tre punti percentuali con la media Ue che l'anno scorso si è attestata al 39,5% (dal 40,3% del 2008). È quanto si evince dal Rapporto annuale dell'Istat. «Caso unico» tra le grandi economie, sottolinea l'Istituto nazionale di statistica, nel Paese risultano in forte crescita le imposte in conto capitale (per quasi 12 miliardi di euro), sospinte da circa 5 miliardi di euro per il cosiddetto 'scudo fiscalè e dal versamento una tantum per l'imposta sostitutiva di alcuni tributi. È invece calato del 4,2% il gettito delle imposte indirette (già diminuito del 4,9% nel 2008), del 7,1% quello delle imposte dirette e dello 0,5% quello dei contributi sociali effettivi.

(Corriere Della Sera) 

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