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ARIANNA CASALE, ANDREA ROSADA E MARINA CASTROVILLARI: “Torino Olimpica”

Nel 2006 Torino ospita le XX Olimpiadi Invernali, la città subisce una vera e propia trasformazione che ribalta l’immagine stereotipata della Torino industriale.


La realizzazione di grandi opere, sia nel capoluogo che nelle località della Provincia, portò alla riqualificazione di numerose aree cittadine. Torino si dovette preparare ad ospitare circa 10.000 giornalisti e 7.000 tra atleti, tecnici e giudici provenienti da 80 paesi, oltre al pubblico dei giochi e ai turisti.


Oltre alla realizzazione degli impianti si dovettero assicurare opportunità ricettive, culturali e per il tempo libero. Vennero iniziate 65 opere strettamente collegate ai giochi, in questo articolo ne esaminiamo tre: la rifunzionalizzazione del Palazzo a Vela, la costruzione del Palasport Olimpico e del Villaggio atleti al Lingotto.

 

Palazzo a Vela

 

Palazzo a VelaE’ un edificio emblematico dal punto di vista architettonico e costruttivo e insieme al vicino Palazzo del Lavoro dell’architetto Pier Luigi Nervi, costituisce il complesso espositivo e fieristico dell’area chiamata Italia ’61, dove in quell’anno si tenne una grande esposizione internazionale.

 

Il Palavela venne progettato da Franco Levi e ancora oggi caratterizza l’ingresso sud della città. La copertura è ordita nella sua dimensione e forma: è costruita da una struttura a vela realizzata su tre archi accostati rivoltati fra loro e ancorati a terra su 3 dei 6 vertici dell’esagono di base.

 

Suscita particolare attenzione e stupore per la sua caratterizzazione formale e per le sue dimensioni. E’ un’ opera nella quale è difficile cogliere il “limite” tra architettura e ingegneria, dove ciò che ci colpisce è l’ enorme spazio interno: siamo di fronte ad una architettura non consueta, difficilmente divisibile e frammentabile, ad uno spazio concluso che trae la sua forza dall’ essere unitario e quasi astratto. Sicuramente un riferimento per la città, un vero e proprio “monumento”.

 

La rifunzionalizzazione prevedeva che fosse localizzato al suo interno un impianto per il pattinaggio artistico su ghiaccio e lo short track.

 

Il progetto vincitore del concorso bandito fu quello presentato dall’architetto Gae Aulenti che prevedeva la realizzazione di “un edificio dentro l’edificio” rispettando e valorizzando la copertura preesistente di Levi. Sotto la vela è sorto così un edificio asimmetrico con prospetti formati da una aggregazione di volumi che si contrappongono alla configurazione assiale ben precisa delle volte di Levi. L’edificio è quindi composto da due corpi accostati, con copertura a quote differenti, tra loro collegati da una copertura spaziale reticolare. La scelta di costruire il nuovo stadio con coperture a livelli differenti è strettamente connessa alla geometria della vela esistente, che permette di avere le altezze maggiori soltanto in corrispondenza delle parti centrali degli archi sui quali è impostata la vela stessa. Avvicinandosi invece ai suoi appoggi, sono possibili altezze sempre più limitate, e la pianta deve necessariamente distanziarsi da essi.

 

L’ edificio mostra a chi percorre via Ventimiglia due diversi prospetti, caratterizzati da viste angolari e non frontali: un primo prospetto più compatto, con altezza costante, scandito dalla successione delle scale esterne ci appare percorrendo la via da sud verso nord, mentre, da nord verso sud, l’ edificio svela la complessità di differenti volumi che compongono il blocco nord e la sua relazione con il corpo più esteso delle gradinate del pubblico. Lo stadio è in cemento armato, ma abbiamo creato un forte contrasto tra il nucleo centrale dipinto di rosso fuoco e le parti aggettanti lasciate grigie, per ritrovare l’effetto solitamente dato dal gioco delle luci e delle ombre che il sole crea sugli edifici e che qui è negato dalla vela.

Una curiosità che riguarda questo edificio è che nel film The italian job l'esterno della struttura è protagonista di un inseguimento tra le automobili della polizia e le Mini dei rapinatori che salgono sulle "vele".

  

Villaggio atleti al Lingotto

 

Dopo alcune indecisioni, nel 2000 si decise di localizzare il Villaggio Olimpico nell’area dei Mercati ortofrutticoli all’ingrosso, nei pressi della stazione Lingotto. Quest’area era considerata piena di potenzialità per diversi motivi: era molto estesa e di proprietà pubblica, esistevano già sul luogo manufatti storici pregevoli e la loro disponibilità immediata all’utilizzo. Inoltre fu molto importante la vicinanza ai servizi pubblici e per il villaggio ai palazzetti dello sport (Oval e Palasport Hockey).

 

Villaggio atleti al LingotoIl progetto del Villaggio che vinse il concorso, era coordinato da Benedetto Camerana (architetto torinese laureato al Politecnico di Torino) che interpreta il complesso come un solido recinto, chiuso verso la città ad ovest e aperto verso i binari sui quali si trova la passerella sorretta dall’arco, che collega il villaggio all’edificio del Lingotto.

 

Dell’estetica dei vecchi mercati si occupò Costantin, Camerana e Rosental, con un intervento di restauro che riutilizza il colore tenue del cemento armato e che esalta la luce riflessa nei grandi ambienti.

 

La parte residenziale è invece governata da un impianto a scacchiera aperto verso la collina, il disegno del suolo è affidato al pedone e gli edifici proposti sono di sei-sette piani, riproposti una quarantina di volte in modo ordinato, che si addensano però verso ovest e si diradano verso sud. Tutta l’area è divisa in tre lotti dove si è cercato di ricreare un tessuto urbano tradizionale con piccole piazze, corti e verde. Gli appartamenti, che sono in totale 850, hanno metrature che variano da 45 a 95 mq e la superficie lorda di tutte le abitazione è di 54.000 mq. L’involucro è equipaggiato con teleriscaldamento, pannelli solari e serre applicate, tecnologie che vogliono ridurre l’impatto delle costruzioni sull’ambiente, massimizzare quindi i contenuto della sostenibilità. All’interno gli alloggi sono privi di cucina e spesso hanno pareti in cartongesso, per sottolineare la reversibilità e transitorietà della loro funzione.

 

La passerella rappresenta non solo un collegamento necessario tra il quartiere degli Ex Mercati Generali e il centro commerciale del Lingotto, ma un simbolo per la città di Torino che ospita i Giochi Olimpici invernali del 2006. Il progetto propone un disegno urbano in continuità con la città ed aperto alle potenzialità del complesso Lingotto – parco ferroviario.

La passerella dovrà creare il collegamento pedonale tra l'area degli ex Mercati Generali e l'adiacente centro polifunzionale del Lingotto. La suddetta area é caratterizzata dalla presenza delle architetture del Mercato Ortofrutticolo: le tettoie per l'esposizione (le due parti laterali e il corpo centrale), la torre serbatoio e il "piano caricatore" parallelo ai binari ferroviari. La ferrovia taglia in due parti l'area, da un lato la zona Mercati e dall'altra il complesso Lingotto.

 

Il percorso pedonale comincia in corrispondenza del corpo centrale dei Mercati Generali e termina al di là della ferrovia in prossimità di una passerella già esistente. Alcuni vincoli, come la presenza della ferrovia condizionano la progettazione della passerella e ne fanno l'elemento di forza: l'impossibilità di creare appoggi lungo tutta l'area occupata dai binari suggerisce l'idea di una passerella sospesa ad un arco che ha i suoi appoggi nella sola fascia dove sono consentiti.

L'arco, che nasce da esigenze strutturali e funzionali, é un richiamo immediato alle arcate dei Mercati Generali.

 

 

Palasport Olimpico

 

Il palasport Olimpico, conosciuto anche come PalaIsozaki prendendo il nome dal progettista, si situa a pochi metri dallo stadio Olimpico ed, insieme all’impianto di Torino Esposizioni, ha ospitato le gare olimpiche di hockey su ghiaccio.

 

Palasport OlimpicoVenne bandito un concorso internazionale per la sua progettazione, e venne vinto da un gruppo di architetti guidato da Arata Isozaki di Tokyo, composto dallo studio ARCHA S.P.A. di Torino, Arup Italia s.r.l. di Milano, ing. Giuseppe Amaro, arch. Marco Brizio. Il progetto definitivo porta la firma congiunta dell'arch. Arata Isozaki e dell'arch. Pier Paolo Maggiora e fa parte del più vasto complesso denominato Comparto Centrale Olimpico Composto dal palasport Olimpico, dal Palazzo del Nuoto e dal Parco di piazza d'Armi.

 

L’edificio è stato progettato con molto attenzione anche in riferimento al post-olimpico, pensando ai suoi utilizzi futuri.

 

È composto da un volume in acciaio inox di 183×100 metri, sospeso su una base alta 5 m, vetrata verso il parco, piazza d’Armi.

 

Per ridurre al massimo l'altezza dell'edificio la pista di hockey è stata posizionata a quota –7,50m e le tribune si sviluppano in parte interrate e in parte fuori terra. Questa soluzione ha permesso di evitare la presenza di grandi scale di uscita di sicurezza, trasformandole in brevi percorsi di immediata uscita dalle tribune verso l'esterno. Il pubblico, entrando nell'impianto, si trova a metà delle tribune e scende o sale a cercare il proprio posto.  In questo modo si sono creati due piani interrati alti 3,75 metri destinati agli spazi atleti, dello staff olimpico, della stampa e alle varie lounge di attesa. A tali livelli si trovano anche tutti i vani tecnici per il condizionamento e il controllo dell'edificio. Gli spazi fuori terra a quota 0,00 e a quota + 6,00 sono invece completamente destinati al pubblico, evitando così qualsiasi interferenza. Il nuovo palahockey è stato posizionato a fianco del vecchio stadio, parallelamente a corso Galileo Ferraris. In fase di concorso era previsto un collegamento pedonale interrato tra il vecchio stadio e il nuovo palahockey, per collegare il nuovo impianto con la zona media, vip e famiglia olimpica, previste nel vecchio stadio.

 

Il progetto del Palahockey prevede una capienza di 12.227 posti a sedere oltre a 105 posti per portatori di handicap per un totale di 12.332 posti e numero 13 palchi.

Le diverse categorie di utilizzatori – atleti, spettatori, famiglia olimpica, media e gestione impianto – possono muoversi e fruire degli spazi senza interferenze secondo un attento studio dei flussi interni. Gli spettatori normali sono stati suddivisi in quattro settori della capienza massima di 4000 posti ciascuno, come da normativa sportiva con accessi e uscite separate.

I percorsi sia del pubblico sia degli atleti sono studiati nel rispetto dell'abbattimento delle barriere architettoniche, per essere agevolmente impiegati sia in periodi normali che in caso di grandi eventi speciali anche da persone con handicap motori.

 

I prospetti esterni del palahockey enfatizzano il concetto progettuale di una scatola in acciaio inox rettangolare in aggetto e sospesa su una base in cemento a vista e vetro.

Il volume rettangolare principale è previsto a doppia parete con rivestimento in acciaio inox sia esterno che interno, sostenuta da montanti interni in acciaio. I pannelli esterni sono di dimensione 5400x500mm composti da fogli di acciaio inox 316 con irrigidimento interno e con finitura opaca e bugnature superficiali.

 

I rilievi superficiali danno un effetto “vibrante” alla facciata metallica e la caricano di tensioni dinamiche nella sua relazione con l'intorno, riflettendo la luce e il vecchio stadio comunale. Le bugnature sono ottenute con procedimento di stampo a rullo o a piastra dei fogli di acciaio inox. I pannelli interni della facciata sono di alluminio macroforati con pannello interno fonoassorbente per controllare la diffusione del suono all'interno. I pannelli di facciata sono disposti in modo sfalsato e irregolare per non ridurre il dinamismo di facciata a un grigliato regolare. Tra i due pannelli di facciata viene predisposto sia isolamento termico che acustico per non disturbare le zone residenziali circostanti in caso di concerti o altre grandi manifestazioni.

 

Dalla chiusura dei Giochi ha cominciato a svolgere il suo ruolo polifunzionale: è oggi sede di grandi eventi e spettacoli musicali, culturali, sportivi, grandi manifestazioni su ghiaccio, convention e congressi internazionali.

 

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